- Campionato Mondiale PGP -


23 marzo 2007 - Analisi tecnica PGP di Montecarlo

Archiviati i risultati del primo Piaggio Gran Prix di Montecarlo, vediamo di analizzare meglio e in maniera un po’ più tecnica quanto emerso (e quanto ci è sembrato abbiano cercato di tenere nascosto) da questa incredibile manifestazione sportiva ospitata in una delle località più esclusive del mondo.

Innanzitutto la classifica finale ha evidenziato come l’assegnazione dei punti sia stata ereditata dal mondo delle quattro ruote, e più precisamente dal Campionato Mondiale di Formula 1.

Inoltre la mancanza di test ufficiali precampionato e la comunicazione all’ultima ora dell’evento hanno generato una classifica finale che a noi sembra basata più sull’improvvisazione che a veri meriti, ma praticamente tutti i vertici degli otto team, compreso il M.G.C.M. CRT che non si è presentato a questo primo appuntamento, sembrano invece aver apprezzato molto quanto messo a loro disposizione dalla Federazione Mondiale Motociclismo Sportivo (commissari in primis?).

A nostro avviso i sette bolidi in pista (che sembravano in verità ancora non molto elaborati) si sono affrontati in maniera un po’ troppo blanda, come se questo primo appuntamento servisse più da prova generale o da semplice vetrina di questo nuovo spettacolo, e parzialmente lo possiamo comprendere visto che, come sottolineato già la scorsa settimana, la Federazione non ha autorizzato test precampionato. Ma sicuramente nei prossimi appuntamenti le scuderie sapranno regalarci emozioni ben diverse.

Nel precedente resoconto non abbiamo parlato della squadra spagnola che pure ha conquistato (anche se non certo per la superiorità del proprio veicolo) la prima pole position della stagione, e neanche del team inglese. Ebbene, per entrambe può valere lo stesso discorso: inspiegabilmente hanno preferito adottare i modelli meno spinti delle rispettive gamme (ricordiamo che la Moto Guzzi motorizzò dal 1948 al 1969 il modello Hispania con diverse cilindrate, dal 49cc allo strapotente 110cc; e che il modello Trotter fu disponibile dal 1970 al 1973 anche nella più performante versione da 49cc). Che si tratti di pretattica?

Anche la scelta dell’Australiana 3D DINGO Desert Dog di mettere in pista l’unica versione monomarcia del camaleontico Dingo (almeno nove versioni diverse in quattordici anni di produzione) ci è sembrata un po’ fuoriluogo, ma forse pure loro hanno voluto confondere inizialmente le acque.

Per quanto riguarda invece la tedesca V1, teniamo a precisare che già durante i primi test privati il motociclo sembrava essersi dimostrato molto veloce ma poco affidabile, e il risultato di Montecarlo conferma appieno questa nostra prima impressione. Però il suo potenziale è decisamente notevole, quindi teniamolo d’occhio perchè potremmo avere presto grandi sorprese!

Per quanto riguarda l’organizzazione per il pubblico, si sa che nel principato il costo dei biglietti rende la scelta degli spettatori molto selettiva (anche per il Campionato Mondiale PGP il prezzo medio superava di molto i duecento euro a persona), ma la decisione di concedere pass solo ai “grandi” è stata molto gradita da chi ha potuto fare da spettatore a questa prima chermes mondiale, soprattutto poiché di “grande” non era richiesta specificatamente la conoscenza tecnica dei circuiti o dei motori, ma bastava un qualunque “attributo”:

Infine, per dare adito alle insistenti voci che echeggiavano per i box e che insistevano su frasi tipo “che sventola la bandiera a scacchi”, che noi interpretavamo come storpiamento di: “CHI sventola la bandiera a scacchi?”, ci siamo recati verso la fine della gara nella postazione del commissario designato a tale operazione e anche noi non abbiamo potuto fare a meno di esclamare: “CHE sventola la bandiera a scacchi!”:

 

 

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